Sì è svolta il 13 giugno a Roma la seconda Conferenza dell’Impresa Culturale #laculturafaimpresa, appuntamento promosso da Federculture, AGIS, Alleanza delle Cooperative Italiane Turismo e Beni culturali, e Forum Nazionale del Terzo Settore, per mettere in evidenza il ruolo di cultura, patrimonio e attività culturali quali elementi fondamentali per lo sviluppo sostenibile dei territori in almeno due direzioni: come “veicoli di coesione” in grado di innescare processi di partecipazione e di generare crescita sociale, e come risorse capaci di contribuire alla crescita economica attivando filiere di valore collegate al settore culturale e creativo.
Dopo l’esperienza realizzata a L’Aquila nel 2017, è stata l’occasione per dare un contributo ad una visione di sviluppo a base culturale centrata sulla gestione sostenibile delle risorse. Visione condivisa anche nella Nuova Agenda Europea per la Cultura e, più di recente nel nostro Paese, dal Dipartimento per le Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio – che nell’ambito della proposta dei Regolamenti a cui dovrà ispirarsi la politica di coesione 2021-2027 – ha individuato tra i temi unificanti e trasversali la cultura come veicolo e spazio di coesione.
Ma se è vero che beni e attività culturali sono fattori imprescindibili per generare crescita, inclusione, innovazione e occupazione, i promotori della Conferenza hanno voluto evidenziare come sia determinante la gestione e l’organizzazione delle azioni di valorizzazione. Infatti, come dimostra un’analisi commissionata dal partenariato promotore della Conferenza, la presenza di patrimonio da sola non basta a generare sviluppo. Sono, infatti, i territori con il più alto livello di organizzazione dell’offerta e concentrazione di servizi quelli più dinamici in termini di attrattività e sviluppo territoriale.
Il primo obiettivo della Conferenza è stato, dunque, sottolineare la necessità di accelerare il processo di superamento della logica delle azioni di tutela e valorizzazione incentrate sui singoli beni per dotare, invece, il Paese di infrastrutture gestionali dei patrimoni culturali su cui possano poggiare le reti territoriali delle imprese, delle comunità, delle competenze e dell’innovazione. Serve approfondire e sostenere il ruolo delle imprese culturali in quanto “infrastruttura” fondamentale per creare benessere in maniera diretta, incidendo sull’innovazione sociale e generando occupazione di qualità, in specie giovanile. Occorre allora anzitutto prevedere un’eccezione culturale che, a diversi livelli, agevoli lo sviluppo delle gestioni culturali: nella relazione con la pubblica amministrazione; nell’accesso al credito e a donazioni e sponsorizzazioni; nella fiscalità (Iva, Imu e tributi locali); nella semplificazione amministrativa; nelle politiche del lavoro.
Per questo le imprese culturali riunite a Roma hanno rivolto a tutti i principali attori istituzionali, sociali ed economici – MiBAC, Conferenza delle Regioni; Anci/Upi; Unioncamere; Cei; Sistema delle Imprese – l’invito ad un confronto permanente sulle politiche di gestione per lo sviluppo dei territori.
«Le istituzioni culturali sempre di più, negli anni della crisi, sono state gestite come imprese culturali. – sottolinea Andrea Cancellato, Presidente di Federculture – Il Parlamento ha riconosciuto una specificità delle imprese culturali e creative che deve ora trovare attuazione. Per questo obiettivo abbiamo voluto questa Conferenza e per questo obiettivo siamo a disposizione di Governo e Regioni affinché la specificità delle imprese culturali sia una grande opportunità per il Paese, in termini economici, occupazionali, sociali e culturali».
Materiali