Federculture agli Stati Generali dell’Economia: alla cultura oltre il sostegno immediato serve innovare e progettare per il futuro

Federculture agli Stati Generali dell’Economia: alla cultura oltre il sostegno immediato serve innovare e progettare per il futuro

Federculture agli Stati Generali dell’Economia: alla cultura oltre il sostegno immediato serve innovare e progettare per il futuro

Il 18 giugno 2020 il presidente di Federculture Andrea Cancellato e il direttore Umberto Croppi hanno partecipato agli Stati generali dell’economia “Progettiamo il rilancio”, in corso a Roma a Villa Pamphilj, nella sessione pomeridiana dedicata alle associazioni di rappresentanza dei settori del turismo, dello spettacolo e della cultura.
Cancellato a nome delle imprese culturali associate a Federculture ha rappresentato al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al Ministro Dario Franceschini la necessità di misure di sostegno al settore, tra i più in difficoltà in conseguenza della crisi Covid-19, esprimendo anche apprezzamento per quanto già fatto dal governo in favore della cultura, in particolare l’istituzione del Fondo garantito dallo Stato per l’accesso al credito da parte delle aziende del settore.
«Abbiamo fin qui riconosciuto l’impegno del governo – ha sottolineato Cancellato – per affrontare l’emergenza, ma non possiamo non esprimere la nostra preoccupazione per il prossimo futuro. Il nostro comparto che rappresenta una fetta importante dell’economia del Paese, circa l’1,6% del Pil e oltre 800mila occupati, è anche un elemento cardine della nostra società, dell’identità e riconoscibilità internazionale dell’Italia. Ma se vogliamo di nuovo stimolare la produzione di cultura in Italia, dobbiamo anche prevedere come sollecitare una nuova e più ampia domanda di cultura degli italiani. Per questo occorre guardare oltre l’emergenza e aprire una nuova fase di innovazione e investimenti sul futuro, cominciando dai cittadini per farli tornare ad avvicinare la cultura come elemento di relazione, coesione e di crescita sociale. Alle necessarie misure di sostegno alle aziende e alla produzione culturale devono affiancarsene altre, innovative, di incentivo al consumo di cultura soprattutto da parte dei più giovani, con il coinvolgimento degli attori della produzione culturale beneficiari delle risorse pubbliche, proprio perché lo sforzo deve essere corale, per parte pubblica e anche per parte privata.»
Segue  il testo integrale dell’intervento del Presidente di Federculture, Andrea Cancellato.
 
«Signor Presidente,
prima di tutto grazie per averci voluto incontrare.
Abbiamo una normale ed efficace frequentazione con il Ministero dei Beni e delle Attività e del Turismo, con il Ministro Dario Franceschini che ha notevoli capacità di ascolto, ma qualche dubbio l’abbiamo avuto dopo la lettura del cosiddetto Piano Colao, nel quale la Cultura italiana era presentata come “ancillare” al Turismo. Una risorsa a sostegno di un ambito, molto importante senza alcun dubbio, della vita economica del nostro Paese ma non come un settore specifico e forte dell’Italia.
La Cultura non è solo bellezza, eredità di beni artistici e archeologici da conservare e da offrire ai (speriamo di nuovo tanti e ancora di più) visitatori dell’Italia. È una attività sociale che è parte della vita e della reputazione del nostro Paese. Una parte rilevante del nostro welfare, una componente importante del sistema di relazioni comunitarie, generazionali e civili delle nostre città e dei nostri borghi, un sistema produttivo contemporaneo che ha rilevanti aspetti economici.
Di questo, essenzialmente, vogliamo parlare in questa occasione, davvero significativa.
Il nostro settore, insieme a quello turistico, proprio per la sua valenza di attività sociale è quello più colpito dalle misure di contenimento del virus. Lo vediamo ancora di più oggi, da quando è stata concessa una timida ripresa delle attività pubbliche. I teatri, le sale di concerto, i musei, i cinema, gli spazi per mostre e per gli eventi, non sono più tali perché consentono una fruizione della cultura sostanzialmente individuale, che però può essere conseguita anche nella propria abitazione o in “rete”, ma che nulla a che vedere con la pratica della condivisione che l’esperienza culturale vuole e promuove.
Cosa fare allora, in attesa che venga ripristinata la “normalità” se mai ci sarà una nuova normalità?
Alcune cose sono già state fatte dal Governo, anche grazie al confronto che il Ministro Franceschini ha assicurato: cassa integrazione in deroga, aiuti agli autonomi, ristoro per i mancati introiti dei musei e delle fondazioni culturali, sostegni ai teatri, misure per i soggetti abitualmente non finanziati, etc. Questi interventi emergenziali saranno sufficienti? Non lo sappiamo, ma abbiamo colto l’impegno al monitoraggio e all’intervento ulteriore se necessario.
Oggi però dobbiamo concentrarci su cosa fare nelle fasi successive, quella che stiamo vivendo oggi e quella che dobbiamo progettare per domani.
Per questo abbiamo chiesto che fosse varato un Fondo per la Cultura che avesse una duplice finalità: consentire alle istituzioni e alle imprese culturali e creative di “comperare il tempo” necessario per progettare il nuovo e le innovazioni che serviranno per produrre la cultura; contribuire alla realizzazione dei progetti che introdurranno queste innovazioni nelle strutture culturali.
Gli importi previsti nel biennio 2020/2021 sono 50 più 50 milioni di euro che però, grazie alla leva che le performance del mondo culturale hanno assicurato, possono diventare fino a 5 volte per i prestiti garantiti dallo Stato di lungo periodo. Sono sufficienti? Non lo sappiamo ma stimiamo che potrebbero occorrerne di più. Poiché, in questo caso, non si tratterebbe né di debito, né di deficit, possiamo immaginare la disponibilità del Governo a incrementare le risorse a garanzia? Possiamo immaginare uno sforzo del Governo per aggregare anche risorse regionali, risorse private, a questo grande Progetto che, giustamente, coinvolge la Cassa Depositi e Prestiti e l’Istituto per il Credito Sportivo?
In ogni caso, il fattore tempo è determinante. Già poteva il decreto prevedere la norma immediatamente operativa, a questo punto occorre che si lavori senza indugi al decreto attuativo. In generale, anche noi ci uniamo alle richieste che da più parti sono giunte per una radicale semplificazione normativa.
Ma se vogliamo di nuovo stimolare la produzione di cultura in Italia, dobbiamo anche prevedere come sollecitare una nuova e più ampia domanda di cultura degli italiani, oltre che dei turisti. È per questo che sollecitiamo l’introduzione della defiscalizzazione del consumo culturale, degli acquisti di libri, di biglietti d’ingresso ai musei, alle mostre, ai teatri, al cinema, ai concerti, al pari dei medicinali; una riforma ed estensione dell’APP18, con il coinvolgimento degli attori della produzione culturale beneficiari delle risorse pubbliche, proprio perché lo sforzo deve essere corale, per parte pubblica e anche per parte privata.
A questo proposito, a proposito del coinvolgimento di risorse private per la cultura, ribadiamo la necessità dell’ampliamento di uno strumento molto importante come l’ART Bonus, che nasce come “chiamata alle armi” delle risorse private per i beni pubblici e che, dopo questi primi anni di buona sperimentazione, deve diventare uno strumento per chiamare risorse private a sostegno di tutta la cultura italiana, pubblica e privata, per i beni e per le attività culturali, magari in forma differenziata, purché attrattiva di nuove risorse.
L’Italia è uno dei Paesi che vanta la più grande concentrazione di imprese culturali e creative ma solo con la legge di bilancio 2018, quasi nascosto in un articolo, si introduce il concetto di impresa culturale e creativa per redigerne uno statuto speciale. Il virus, fra gli altri danni, ha causato anche la sospensione del provvedimento che il Ministero stava finalmente varando a questo proposito. È per noi fondamentale perché la definizione puntuale permette di definirne correttamente il valore e, a maggior misura, gli apporti che il sistema può rendere al Paese da una parte, e cosa può essere fatto per incentivare il suo peso nell’economia nazionale dall’altro. Solo a titolo di esempio, ecco un elenco di tipologie di imprese culturali: gestione del patrimonio e restauro, musei, spettacolo dal vivo (teatro, musica e danza), cinema e produzioni multimediali, editoria, mostre, eventi e festival, biblioteche e archivi, tradizioni popolari, formazione e design. Nonostante i limiti degli strumenti di rilevazione, Eurostat conta oltre 178.000 imprese culturali e creative, il maggiore tra i paesi europei. Occorre, inoltre, tenere presente che larga parte delle imprese sociali, no profit, operano in ambito culturale e, pertanto, sono spesso la spina dorsale del nostro sistema culturale a servizio delle grandi istituzioni nazionali come le Biennali, Triennali, Quadriennali, le Fondazioni lirico sinfoniche, i Teatri, i grandi musei, etc.
Da tempo giace a Bruxelles irrisolta la questione della tassazione degli utili delle imprese sociali no profit che è fondamentale nella distinzione dell’operatività di questo importantissimo e rilevante ambito economico.
Naturalmente, si potrebbe continuare per molto tempo a indicare misure volte a stimolare la ripresa del Paese in ambito culturale, tenuto conto del ruolo che il settore ha nella coesione sociale, valga per tutti l’esempio delle biblioteche di pubblica lettura, spesso l’unico presidio nelle periferie dei grandi centri urbani e nei piccoli borghi di montagna, oppure lo stimolo che potrebbe rappresentare per l’arte contemporanea il ripristino, o il pieno utilizzo della norma del 2% sulle opere pubbliche (visto anche che partiranno forti investimenti infrastrutturali nel Paese). Ci preme però ricordare il nostro approccio quando abbiamo chiesto l’istituzione del Fondo Cultura. Non solo contributi, ma garanzie per risorse in prestito, da restituire con l’attività, con i risultati dell’impegno e dell’ingegno.
A proposito dell’ingegno ancora una questione, ultima ma non ultima, relativa al design, al simbolo della creatività italiana, uno dei settori che non solo contribuisce al successo del made in Italy, ma che è portatore della migliore reputazione dell’Italia in campo internazionale, un settore, forse l’unico, che provoca l’importazione di cervelli invece che la fuga. Per noi, il design si declina come cultura applicata al lavoro. Come non tanto l’abbellimento di un oggetto ma come la soluzione, gradevole sul piano estetico, per ottenere prodotti e servizi di alta qualità e ad alto valore aggiunto, economico e sociale, etico e ambientale.
Quanta parte del mondo del progetto potrebbe essere coinvolta nella riprogettazione del Paese, del Paese più bello al mondo! Crediamo che anche in questo ambito, per progettare le nuove scuole, i nuovi spazi pubblici, le nuove strutture di accoglienza negli Ospedali, negli aeroporti, nelle stazioni, negli uffici pubblici, etc., ci sia bisogno del migliore design italiano.
Ora che dobbiamo aprire nuovi cantieri facciamo in modo di non sprecare questa grande occasione e questa grande disponibilità.
Grazie per l’attenzione mentre ribadiamo l’impegno al confronto e alla collaborazione».
Andrea Cancellato
Presidente Federculture